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Legittimo il controllo ex post delle mail del lavoratore

News 26/03/2012

di avv. Francesca Giannuzzi - Digital & Law Department, Studio legale Lisi

Diritto del Lavoro e Privacy: la Corte di Cassazione torna a definire i confini tra queste due discipline che spesso si intersecano arrivando a limitare reciprocamente l'una il campo d'azione dell'altra. Con sentenza n. 2722 del 23 febbraio 2012, infatti, la Suprema Corte ha rigettato il ricorso di un dirigente di un istituto bancario licenziato perché accusato di aver divulgato, tramite mail, notizie riservate riguardanti un cliente e di aver posto in essere, grazie a tali notizie, operazioni finanziarie da cui aveva tratto vantaggio personale. Il dirigente, a sostegno della propria difesa, aveva invocato la violazione dell'art. 4 dello Statuto dei Lavoratori, così come richiamato dall'art. 114 del d. lgs. 196/2003, in quanto il controllo della propria casella di posta elettronica era avvenuto senza che fosse intervenuto alcun accordo con le r.s.a. o ci fosse a monte dello stesso un'autorizzazione del servizio ispettivo della Direzione Provinciale del Lavoro. Il lavoratore, in altre parole, si era appellato al diritto di vedere tutelata la propria riservatezza e la propria dignità, diritto che ridimensiona notevolmente il potere del datore di lavoro di effettuare i controlli a distanza sui suoi dipendenti, a meno che non si tratti dei cd. Controlli difensivi (ossia quelli diretti ad accertare comportamenti illeciti dei lavoratori riguardanti l'esatto adempimento delle obbligazioni discendenti dal rapporto di lavoro) effettuati secondo le modalità previste dal comma 2 del citato art. 4 della legge n. 300 del 1970. Con la sentenza in questione, i Giudici della Corte non rinnegano in alcun modo quanto dalla stessa in precedenza affermato circa l'inutilizzabilità di quei programmi informatici che, per le loro caratteristiche, permettono il monitoraggio dei messaggi di posta elettronica aziendale e degli accessi a Internet ma attraverso un controllo a distanza e in via continuativa della prestazione lavorativa, anche quando tale ispezione discenda dall'esigenza di verificare se l'attività lavorativa venga svolta in termini di diligenza e di corretto adempimento delle direttive aziendali. Tuttavia, i Supremi Giudici non possono fare a meno di riconoscere come nel caso di specie il datore di lavoro abbia effettuato il suo accertamento sulla casella di posta elettronica del dipendente solo ex post, ossia solo dopo che quest'ultimo ha realizzato il comportamento sanzionato con il licenziamento. L'avvio di un'indagine retrospettiva, pertanto, risultava assolutamente legittimata dall'esigenza del datore di lavoro di tutelare il proprio patrimonio, costituito non solo dal complesso di beni aziendali, ma anche dalla propria immagine esterna, così come accreditata presso il pubblico. In altre parole, la Suprema Corte ha riconosciuto come la tutela di tale bene, il patrimonio dell'istituto di credito, appunto, possa essere esercitata utilizzando quegli strumenti che la posizione di supremazia sulla struttura aziendale offre e come tale controllo ex post sulla casella di posta del dipendente non rientri nell'ipotesi prevista dall'art. 4 dello Statuto dei lavoratori.
Se da un lato possiamo condividere la tesi della Suprema Corte circa la legittimità dei controlli posti in essere dal datore di lavoro a tutela dell'immagine aziendale e del suo patrimonio, dall'altro giova ricordare in proposito che il datore di lavoro, in questi casi, dovrebbe agire preliminarmente con una trasparente privacy policy fondata sulla proporzionalità dei controlli effettuati, sulla corretta informazione ai lavoratori (mediante idonee informative e regolamenti aziendali interni) e su un'adeguata organizzazione interna (mediante il conferimento di lettere di incarico formalizzate per iscritto e manuali sul corretto trattamento in ambito privacy e sicurezza, anche in virtù della recente soppressione del DPS). Essenziale è soprattutto che il disciplinare interno sia redatto in modo chiaro, senza formule generiche, aggiornato e pubblicizzato adeguatamente mediante idonei strumenti di comunicazione aziendale interna.

 

Tag: Corte di Cassazione, privacy, diritto del lavoro, posta elettronica

 






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